“Il sonno è una divinità capricciosa e proprio quando lo si invoca, si fa aspettare” (Alexandre Dumas)
Ho scelto di dedicare il primo articolo di questo blog al sonno. In particolare all’insonnia, che ad oggi rappresenta la principale area di cui mi occupo e a cui dedicherò questa rubrica, Pillole di Insonnia.
Sono finito ad occuparmi di insonnia quasi per caso (questo forse sarà materia di un prossimo post), ma trovo che l’aspetto interessante di questa manifestazione (qualcuno direbbe sintomo), sia la sua trasversalità.
Il sonno è forse, assieme all’alimentazione, la prima cosa che viene alterata in una vasta gamma di condizioni di interesse psicologico. Troviamo l’insonnia, o a volte ipersonnia, nelle depressioni, e questo si sa. La troviamo nei disturbi d’ansia e in quelli del disturbo ossessivo-compulsivo. L’insonnia è spesso associata a tratti controllanti o perfezionistici di personalità.
Ma al di là di queste categorizzazioni diagnostiche che spesso servono più a noi clinici che alla persona che definiscono, o che vorrebbero definire, la cosa che più mi ha colpito è stata scoprire quanto fosse diffusa. Se i muri delle nostre case fossero trasparenti, probabilmente ci accorgeremmo di tutta una vita notturna, segreta e molto movimentata che si svolge all’interno dei nostri appartamenti dalle undici di sera alle sette di mattina.
Personalmente, non sono un insonne, per cui per me inizare ad occuparmene è stato come scoprire un mondo completamente nuovo. Mi è capitato però di trascorrere delle notti insonni, ad esempio durante la scuola di specializzazione, che frequentavo a Como pur vivendo io a Parma.
Quando sapevo di dovere svegliarmi alle cinque del mattino per essere assolutamente presente a determinate lezioni con un tacito obbligo di frequenza, perché magari la lezione dell’indomani sarebbe stata tenuta da quel docente che apprezzavo tanto, o avrebbe riguardato quell’argomento che mi sarebbe tornato utile con quel determinato paziente con cui mi trovavo in difficoltà.
Mi aspettavano due ore di autostrada, di cui buona parte all’interno della temutissima tangenziale milanese, e non avrei potuto permettermi colpi di sonno, o soste lungo il tragitto. Avrei dovuto dormire. Partire all’indomani riposato.
Bene. Un paio di volte mi è successo che ciò non accadesse. Volevo dormire. Andavo a letto presto, magari. Alle dieci, che per un cronotipo da gufo come il mio era un’autentica tortura. Avrò più tempo per dormire, mi dicevo. E non prendevo sonno.
Lo volevo così intensamente. Mi sforzavo così tanto. E mi chiedevo, ma perché proprio stanotte non riesco ad addormentarmi? Proprio stanotte che mi servirebbe così tanto!
All’epoca non avevo ancora iniziato ad occuparmi di insonnia, e ringrazio quelle notti, perché col senno di poi mi hanno permesso di capire l’esperienza dei miei pazienti.
Il protocollo della psicoterapia cognitivo-comportamentale dell’insonnia (CBT-I) è molto rigido, e si focalizza sulla gestione dei risvegli notturni, degli orari di addormentamento e risveglio.
Ma la cosa più importante che ripeto sempre ai miei pazienti, è che il sonno segue una natura paradossale. Come ci dice Dumas, arriva quando noi smettiamo di cercarlo.
Questo, se ci pensiamo bene, è logico. Abbandoniamo un attimo Cartesio, e le distinzioni mente/corpo.
Il tentativo attivo di addormentarsi si traduce, a livello fisiologico, con un aumento dell’iperattività, o come piace dire a noi, dell’arousal. È come se predisponessimo il nostro corpo ad una reazione di attacco/fuga, quindi basata sul rilascio di catecolamine del sistema simpatico, proprio nel momento in cui avremmo bisogno di un’azione del parasimpatico, legata appunto al rilassamento e al riposo.
Lo stress di non riuscire ad addormentarsi dopo un certo lasso di tempo, poi, aumenta la reattività del simpatico. Il nostro organismo è ancora più predisposto ad una reazione di attacco. Dobbiamo dormire. Assolutamente. E questo “dobbiamo dormire, assolutamente” si traduce in un rilascio di cortisolo, l’ormone dello stress.
Torneremo sul protocollo CBT-I. Vedremo in cosa consiste la compilazione di un diario del sonno, il mantenimento di una corretta igiene del sonno, vedremo quali abitudini possono essere controintuitivamente di aiuto e quali invece possono mantenere il problema.
Ma il primo passo per un buon sonno è sempre lo stesso: accettare il rischio di non potere dormire. La prima abilità inconsapevole del buon dormitore.
Se tornassi indietro dal me stesso di qualche anno, gli darei un ottimo consiglio per addormentarsi:
“se domani mattina arrivi in ritardo perché hai dovuto fare una sosta in autostrada, ricordati che Edoardo prende sempre ottimi appunti”.
Ciao sono luca il tuo blog mi piace moltissimo io ho avuto il tuo identico problema anni fa ed è tutto verissimo ottimi consigli