“Perché fare domani ciò che puoi fare dopodomani?”
Recentemente mi è capitato di scherzare con un cliente sulla comune impressione che il nuovo anno inizi a settembre anziché a gennaio. Ho sempre pensato che settembre avesse una sua grazia malinconica, e che allo spleen delle giornate che si accorciano e del cielo che si fa plumbeo si accompagnasse una spinta al rinnovamento, alla rinascita.
O, come qualcuno direbbe in modo meno poetico, settembre è il lunedì dell’anno. E proprio perché ripartire può essere difficile, mi è venuta voglia di parlare oggi di procrastinazione, qualcosa che credo tutti conosciamo bene. O forse no?
COS’È LA PROCRASTINAZIONE?
Possiamo definire la procrastinazione come l’atto di rimandare determinate attività a un tempo futuro, in cambio di un piacere immediato e a scapito di possibili conseguenze negative nel lungo periodo. Solitamente si tratta di attività che comportano un certo grado di fatica e non sono particolarmente piacevoli, anche se non sempre è così.
Fin qui, credo sia palese. Ma ciò che rende le cose interessanti è il rapporto che si viene a creare tra procrastinazione, autostima e paura. Se tutti abbiamo ben presente cosa sia la procrastinazione e come ci sentiamo quando rimandiamo un compito che non ci va di fare (che poi non è sempre vero: avete mai prestato un’attenzione consapevole a come vi sentite quando procrastinate?), il rapporto tra queste tre dimensioni è meno noto. Vediamolo più da vicino.
PROCRASTINAZIONE, PAURA E IMMAGINE DI SÉ
Molte volte rimandiamo per pigrizia o stanchezza, è vero, oppure perché manca la motivazione di svolgere un’attività che reputiamo perlopiù inutile.
Ma quante volte invece entra in gioco la paura? Sono questi i casi in cui è più facile che la procrastinazione si generalizzi e finisca con l’investire vari domini quali lavoro, amicizia e relazioni, sino a diventare una sorta di stile di vita.
Possiamo procrastinare per paura di fallire, ad esempio, quando sentiamo di non avere risorse o competenze sufficienti per affrontare un determinato compito. Quando non ci sentiamo all’altezza.
Magari questa paura a volte nasce da uno schema di standard severi e perfezionismo. Sentiamo che possiamo passare all’azione solo se abbiamo la ragionevole certezza che riusciremo a svolgere il nostro compito nel modo migliore in assoluto, senza margine di errore, senza possibilità di fallire. Inutile sottolineare quanto questa aspettativa possa andare a braccetto con una sensazione soggettiva di forte ansia.
Evitare l’attività placa temporaneamente questo stato d’animo, ma sul lungo periodo rischia di comportare alcune conseguenze.
Ad esempio, procrastinare ci impedisce di misurarci con la situazione temuta, e scoprire magari che siamo perfettamente in grado di svolgerla.
Oppure, non ci concede quel legittimo diritto al fallimento, all’imperfezione che rappresenta la base dell’apprendimento e della crescita. Come si dice comunemente, l’esperto non è colui che non sbaglia mai, ma colui che ha già sbagliato in tutti i modi possibili.
Non stupisce quindi che il tratto di personalità del perfezionismo correli positivamente con la tendenza alla procrastinazione. Questo è particolarmente evidente per quanto riguarda le scelte. Spesso, chi presenta un’attitudine al perfezionismo tende a rimandarle il più possibile, mentre soppesa attentamente pro e contro nel tentativo, spesso infruttuoso, di compiere la scelta migliore sotto tutti i punti di vista. Magari escludendo i fattori emotivi nel processo. Ma questo è un altro discorso.
4 CONSIGLI PER NON PROCRASTINARE
Abbiamo visto quindi che in certi casi procrastinare può avere molto a che vedere con il modo con cui percepiamo noi stessi, le nostre capacità e le nostre possibilità. A volte diventare più consapevoli di quello che siamo e di come funzioniamo, può avere effetti benefici anche alla tendenza a procrastinare.
Ma al di là di quello, mi andrebbe di concludere questo articolo dando qualche spunto di facile utilizzo nel contesto quotidiano. Sicuramente nel web potrete trovarne tanti altri, ma mi andava di condividere quelli che sento più miei:
1. Riconoscere le attività pseudo-preparatorie.
Tante volte siamo bravissimi a ingannare noi stessi, dedicandoci anima e corpo a compiti preparatori che in condizioni normali potrebbero essere utili, ma che molto spesso non portano a nulla.
Qualche esempio? Compilare infinite to-do-list, magari più e più volte. Pianificare lo studio nei minimi dettagli senza però aprire il libro e iniziare a studiare davvero. O, se avete un blog di divulgazione come il sottoscritto, continuare a leggere e studiare un determinato argomento anche quando ormai sareste pronti per scrivere l’articolo…
Questi compiti hanno la doppia funzione di posticipare l’inizio reale dell’attività, e allo stesso tempo di lenire le sensazioni spiacevoli per il fatto di rimandarla.
Notate bene che, se prese di per sé, tutte queste possono essere attività utili. Diventano però controproducenti quando la loro funzione non è quella di aiutarci a raggiungere il nostro obiettivo, bensì di prendere tempo illudendoci di stare facendo qualcosa. Se vogliamo, è la differenza che intercorre tra fare un passo avanti e girare costantemente in tondo.
Il consiglio? Siate onesti con voi stessi. Brutalmente onesti.
2. Adoperare la strategia della finestra temporale ristretta.
Una strategia comportamentale, se vogliamo molto basilare, consiste nel darsi una cornice temporale molto breve in cui compiere parte del lavoro, per poi valutare se proseguire una volta che il tempo è scaduto. Potrei decidere di studiare per dieci minuti, ad esempio, lasciandomi la libertà di scegliere se continuare o meno trascorso questo intervallo di tempo.
Dieci minuti (ma possono essere cinque, o quindici) è un intervallo di tempo alla portata della maggior parte di noi, che non genera particolare stress. Molto spesso, come immagino abbiate notato, la difficoltà principale riguarda il fatto stesso di mettersi al lavoro, i primi minuti. La principale difficoltà per uno scrittore è quella di scrivere le prime parole su un foglio bianco.
Addirittura, una volta superato questo scoglio, può anche capitare che la mente entri in uno stato di flow e riesca a dedicarsi per molto tempo, anche ore, al compito precedentemente rimandato, a volte quasi escludendo il flusso sensoriale del mondo esterno. Non era poi così terribile, ci diciamo, e a volte scopriamo che è stato addirittura piacevole.
Darsi una cornice temporale ristretta e concedersi autenticamente la libertà di scegliere se continuare o meno trascorso quel tempo, può essere un trucco molto semplice ed efficace per superare la paura del foglio bianco.
3. Non rimandare le piccole cose che non costano fatica.
Anche questa è una strategia molto semplice, ma che personalmente ho trovato molto utile. Consiste nell’abituarsi a non rimandare le banalissime incombenze quotidiane che non costano particolare fatica, ma che siamo abituati a rimandare proprio in virtù di questo.
Farò esempi veramente basilari (ma possiamo trovarne di più complessi): lavare la tazzina del caffè non appena lo si è bevuto, o svuotare la lavastoviglie non appena è terminato il programma. Rispondere subito ai messaggi su whatsapp che non richiedano una risposta elaborata e ragionata. Se siamo particolarmente disordinati, potremmo prendere l’abitudine di non lasciare i nostri vestiti sulla sedia quando rincasiamo, rifare sempre il letto appena alzati, o riporre gli oggetti al loro posto ogni volta che li utilizziamo. E così via.
Non solo potreste accorgervi di quanti piccoli atti di procrastinazione compiamo nel corso di una giornata ma, per quanto semplice possa sembrare, anche questi piccoli gesti ci aiutano ricalibrare il modo in cui funziona il nostro cervello.
Se ci abituiamo al piacere del passaggio all’azione quotidianamente, nelle piccole cose, è più probabile che questo avvenga anche quando ci troveremo di fronte a compiti più impegnativi.
4. Praticare abitualmente la mindfulness.
Da appassionato di mindfulness e stoicismo, infine, penso che anche questi approcci possano dire la loro sul tema. Quasi sempre la procrastinazione è legata ad un nostro proiettarci nel futuro. Spesso immaginiamo tutti i passaggi che dovremo svolgere per completare una determinata attività, e ci sembrano tantissimi, o fuori dalla nostra portata. Altre volte, il compito da svolgere può impedirci di dedicarci ad attività più piacevoli: preferiamo sdraiarci sul divano a guardare la nostra serie preferita anziché pulire casa. Non è tanto il compito in sé il problema, ma la sirena di ciò che potremmo fare se solo non dovessimo svolgerlo.
La mindfulness, che ha le sue radici nella filosofia orientale ma che ha molti punti in comune con lo stoicismo, ci insegna a stare nel tempo presente, ad accogliere i pensieri, le emozioni e sensazioni che proviamo, non allontanandoli ma facendo loro spazio.
A differenziare il Sé che prova queste sensazioni dal Sé che può fare un passo indietro, osservarle e decidere liberamente come muoversi, senza lasciarsi trascinare da esse.
Praticare abitualmente rende più facile riuscire a stare nel momento presente, a trovare piacere o interesse in ciò che stiamo facendo. E anche se si tratta di un gesto meccanico e ripetuto mille volte come pulire il bagno, possiamo riuscire a farlo senza essere disturbati dalle sirene di Netflix. Si tratta di diventare consapevoli di ogni singolo passo, senza pensare a quanti ne saranno necessari per arrivare in cima alla montagna.
Come sempre, insomma, quello di praticare la mindfulness e leggere Seneca o Marco Aurelio è un consiglio che potrei scrivere in fondo a ogni articolo.
E voi, cosa ne pensate? Vi capita spesso di procrastinare? Quali sono le vostre difficoltà? E come la vivete? Se vi va, fatemi sapere nei commenti.