Di cosa mi occupo

Consulenza psicologica

Il primo passo per affrontare un problema è comprendere di cosa si tratti.

In situazioni di vita difficili o in presenza di cambiamenti, può accadere che le soluzioni che prima adottavamo non risultino più efficaci.

In questo caso, può essere utile confrontarsi con uno specialista, per comprendere il problema secondo nuove prospettive e formulare adeguate strategie di intervento.

Condividere il problema permette di trovare nuove risorse e modalità di affrontarlo, che possano sostituire quelle disfunzionali che continuiamo ad adottare.

La consulenza psicologica è un percorso di breve durata, solitamente in un numero inferiore ai dieci incontri, focalizzato su un problema specifico.

Psicoterapia

La psicoterapia viene spesso definita come un percorso di guarigione. Del resto, “cura”, “guarigione” è il significato della parola greca therapeia.

Personalmente, preferisco considerarla come un percorso di crescita e conoscenza di sé, del proprio modo di essere. La guarigione, o per meglio dire il cambiamento, ne è la conseguenza.

La psicoterapia è indicata in presenza di stati di sofferenza, come possono essere quelli connessi ad esempio ad un calo del tono dell’umore, ansia, alterazioni delle condotte alimentari, comportamenti di evitamento e altre condizioni.

Questi sintomi, di per sé dolorosi, rappresentano comunque il modo migliore che la persona ha al momento per affrontare una condizione di forte sofferenza.

Un percorso di psicoterapia permette di comprendere meglio cosa queste manifestazioni ci stiano comunicando. Entrare in contatto con le proprie emozioni, all’interno di una cornice relazionale accogliente e non giudicante, permette che esse stesse non rimangano inaccessibili e bloccate.

La psicoterapia è la cornice relazionale che rende il cambiamento possibile.

Poiché esistono varie scuole di psicoterapia, più sotto trovi un approfondimento sui principali approcci in cui mi sono formato e che adotto.

Valutazioni neuropsicologiche

In casi di sospetto deterioramento cognitivo, ad esempio dovuti alle varie forme di demenza o ai possibili esiti di trauma cranico, un elemento fondamentale in grado di aiutare la diagnosi di tipo neurologico è data dalla valutazione neuropsicologica.

Attraverso l’utilizzo di test tarati e standardizzati, è possibile ottenere una valutazione del funzionamento cognitivo globale della persona e relativamente alle diverse componenti specifiche: memoria, attenzione, linguaggio, abilità percettive, capacità prassiche, funzioni esecutive di organizzazione, controllo e monitoraggio del proprio comportamento.

L’analisi dei dati emersi dai test viene integrata dallo specialista con le informazioni raccolte dal paziente e dai suoi familiari in sede di anamnesi, così come con l’osservazione qualitativa dei fenomeni osservati.

Su questa base è possibile redigere e pianificare un percorso di trattamento e riabilitazione, e fornire al caregiver della persona le informazioni sulle modalità più adeguate per svolgere la sua attività.

Psicoterapia cognitivo-comportamentale dell’insonnia (CBT-I)

In particolare, mi sono specializzato in psicoterapia cognitivo-comportamentale dell’insonnia.

Nella comparsa di un quadro di insonnia, infatti, giocano un ruolo diversi fattori: una predisposizione biologica, ma anche fattori psicologici e sociali, sui quali è possibile intervenire.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale dell’insonnia (CBT-I) è un percorso di breve durata, solitamente corrispondente a circa 8-10 colloqui, che mira a ripristinare il corretto ritmo sonno-veglia, promuovere una corretta igiene del sonno, favorire l’utilizzo di tecniche di rilassamento e rivedere le convinzioni disfunzionali che mantengono il disturbo.

Spesso infatti l’insonnia viene mantenuta da convinzioni e comportamenti che la persona assume nel tentativo di tenerla sotto controllo, e che finiscono con il rinforzarla.

In particolare, il percorso mira a fornire alla persona gli strumenti adeguati per agire in modo autonomo e prevenire le possibili ricadute.

Approcci

Psicoterapia ad orientamento cognitivo-costruttivista relazionale

 

La psicoterapia ad orientamento cognitivo-costruttivista vede la persona come attiva costruttrice di significati, ovvero le lenti con cui sperimenta il mondo, sotto forma non solo di conoscenze esplicite, cioè esprimibili verbalmente, ma anche di attivazioni emotive e aspettative implicite.

Secondo tale approccio non esiste una singola realtà oggettiva, ma esistono tante realtà soggettivamente costruite quanti sono gli individui che le esperiscono.

L’attenzione all’interno di questo approccio verte pertanto sulla possibilità di divenire più consapevoli del modo in cui esperiamo e spieghiamo le nostre emozioni, i nostri schemi e modalità di funzionamento.

In quest’ottica, la sofferenza psicologica nasce quando i nostri modi di funzionamento e le strategie a nostra disposizione diventano meno flessibili, più automatiche e inconsapevoli.

Scopo della terapia diventa pertanto promuovere la consapevolezza di sé e la generazione di modalità più armoniche, flessibili e generative per affrontare le difficoltà che si presentano.

La relazione terapeutica è lo strumento privilegiato in grado di favorire questo processo, attraverso l’osservazione e la sperimentazione di come tali pattern cognitivi, emotivi e comportamentali si manifestano nel qui-ed-ora della relazione tra terapeuta e paziente, all’interno di un cornice accogliente e non giudicante.

Schema Therapy

 

La Schema Therapy si propone come obiettivo l’indagine dei cosiddetti schemi, ovvero i pattern di emozioni, pensieri, comportamenti, ricordi e sensazioni corporee connesse sviluppati nel corso della propria storia di sviluppo, sulla base dei bisogni principali che non sono stati adeguatamente soddisfatti.

Tali schemi tendono a riemergere in situazioni dolorose che richiamano quelle in cui si sarebbero originati. Quando si presentano, la persona può affrontarli in vari modi: ad esempio, arrendendosi ad essi, evitandoli oppure cercando di agire in maniera opposta allo schema.

Pensiamo, ad esempio, ad una persona che ritiene di potere essere giudicato negativamente se esprime la propria opinione su un determinato argomento. Questa persona potrà arrendersi alla propria idea implicita che la propria opinione non valga nulla, secondo un meccanismo di resa. Oppure potrebbe evitare le situazioni sociali stesse in cui potrebbe presentarsi la necessità di esporsi. O ancora, potrebbe trovarsi a sforzarsi di esprimerla in modo fin troppo vigoroso e aggressivo, per prevenire di essere sminuito, in una modalità che costa enorme fatica e che, in ultima analisi, rischia di produrre il rifiuto temuto.

Attraverso numerose tecniche esperienziali, quali role-playing, esercizi immaginativi e tecniche mutuate dalla scuola della Gestalt, la persona diventa progressivamente più consapevole di quali parti del proprio Sé si attivano nelle diverse circostanze, e impara a prendersi cura dei propri bisogni attraverso un sempre maggiore ricorso alle proprie parti di Sé adulte e sane.

Anche in questo caso, la relazione terapeutica si pone come vettore fondamentale del cambiamento, in un cornica calda, empatica e non giudicante.

EMDR

L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è uno dei principali approcci utilizzati nel trattamento del trauma psicologico e dello stress post-traumatico.

Nel corso della nostra vita, possiamo andare incontro a diversi tipi di trauma: alcuni posso essere legati ad eventi che si ripetono costanti nel corso del tempo, come i traumi di tipo relazionale, mentre altri possono essere legati ad episodi specifici in cui abbiamo sentito che la nostra integrità o quella delle persone care erano in pericolo, come nel caso di un incidente o una violenza subita.

Spesso i traumi si risolvono spontaneamente, grazie alla capacità del nostro cervello di elaborare e integrare l’esperienza nel nostro vissuto.

Molte volte, invece, le memorie rimangono come congelate. Le sensazioni fisiche e somatiche legate al trauma vengono costantemente rivissute, specialmente in presenza di uno stimolo in grado di scatenarle. Questo anche a distanza di molti anni dall’evento iniziale.

L’EMDR entra in gioco in questi casi. Si tratta di una metodologia protocollata e validata, che sfrutta la stimolazione oculare o altre forme di stimolazione bilaterale per ristabilire i corretti equilibri eccitatori e inibitori a livello degli emisferi cerebrali, migliorando la comunicazione tra di essi e facilitando così l’elaborazione delle memorie e delle sensazioni legate al trauma.

Questo permette al cervello di integrare l’evento traumatico nel proprio vissuto. Le immagini cambiano di contenuto e significato, e i ricordi disturbanti perdono la loro carica negativa. Accanto ad una minore intrusività delle immagini mentali, si osserva una diminuzione nell’intensità delle sensazioni somatiche connesse e, in generale, dell’ansia, dell’iperattivazione e dei comportamenti di evitamento connessi allo stimolo scatenante iniziale.